La coltivazione del tabacco in Salento

La coltivazione del tabacco in Salento

14 Luglio 2023 0 Di Ilaria
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La coltivazione del tabacco nel tacco d’Italia ha origini piuttosto remote ed ha caratterizzato per lungo tempo la vita di tante famiglie e di tanti contadini del Salento. Secondo le fonti, si coltivava il tabacco già nel Settecento. Esistevano, ai tempi, due tipologie di tabacco: il Cattaro (coltivato a secco e irrigato) e il Brasile (irrigato costantemente). Entrambi si usavano come tabacco da fiuto (la maggior parte) e da fumo (per la produzione di Sigari), ed erano molto apprezzati dall’alta società e dal clero del tempo. Ma conosciamo più da vicino la storia del tabacco che tanto ha caratterizzato la vita dei contadini del Salento. 

Dovete sapere che i primissimi coltivatori di tabacco furono i frati mendicanti, ma furono i mercanti veneziani e gli spagnoli ad introdurlo in Terra d’Otranto. Quando i volumi prodotti divennero davvero ingenti, la coltivazione passò nelle mani del Regno d’Italia. Questo accadde all’inizio dell’Ottocento, quando il tabacco era ampiamente diffuso nell’Agro di Lecce, in qualche paesino giù verso capo di Leuca, ma anche verso Mesagne, Oria, Francavilla.

Con l’avvento del monopolio governativo del tabacco, le cose cambiarono. I contadini del Salento smisero di vedere il tabacco come fonte di guadagno: il vero guadagno andava ai proprietari terrieri e allo stato. E le ore di lavoro investite nella produzione del tabacco erano così tante da non ricevere un’adeguata ricompensa economica.

Il cattaro leccese e le altre varietà

Tra le varietà di cattaro in Salento spiccava quello leccese. Era una pianta più bassa delle altre. Aveva 22 foglie. E il mercato ne amava particolarmente la fragranza e l’aroma. Anche il cattaro riccio paesano era molto apprezzato: le sue foglie erano più lunghe. Oltre a queste due tipologie, se ne aggiunsero ben presto altre, provenienti dall’America, ma anche dall’Erzegovina.

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La storia sarebbe ancora lunga e articolata. Ma per essere sintetici, giungiamo al Novecento. In questo periodo storico, erano poche le famiglie della provincia di Lecce ad avere le concessioni per la coltivazione e lavorazione del tabacco. Durante la Prima Guerra Mondiale, la lavorazione del tabacco fu affidata alle donne, le famose “tabacchine”, che venivano impiegate occasionalmente e senza troppe garanzie. Non a caso, non mancarono le agitazioni, per chiedere che l’importo del salario a cottimo fosse rivisto.

La vita delle tabacchine e dei contadini del Salento

Con l’andare del tempo, e anche come conseguenza della crisi dell’olivo e della vite di quel periodo, l’industria del tabacco continuò ad espandersi. Da un lato era un vantaggio: soprattutto nei mesi estivi, la coltivazione del tabacco consentiva di arginare notevolmente il problema della disoccupazione. Dall’altro, le tabacchine continuavano a percepire una paga esigua, con la quale contribuivano minimamente al reddito familiare. E non solo: si lavorava quasi sempre in condizioni igienico sanitarie precarie. La vita in tabacchificio era pesante e la maestra (un supervisore donna) controllava che nessuno parlasse o perdesse tempo in alcun modo. La minaccia era sempre quella del licenziamento. La direzione, ad ogni modo, licenziava sempre le tabacchine prima della scadenza del mese, in modo da non dover pagare loro l’indennità di licenziamento. Con l’avvento del fascismo in generale la vita dei contadini del Salento migliorò, e questi miglioramenti interessarono anche le tabacchine.

Il settore comincia a dare segni di sofferenza

Dal 1935 in poi, tuttavia, il settore cominciò a dare segni di sofferenza. L’intero settore diede segno di decadimento per una vasta gamma di ragioni: l’introduzione di varietà qualitativamente scarse, la scarsa capacità commerciale, la scelta di terreni inadatti, le condizioni meteo sfavorevoli, la scarsa preparazione sul fronte agricolo, il mancato uso di concimi e via dicendo. Senza contare che la vite e l’ulivo stavano guadagnando terreno.

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Verso la fine degli anni Trenta del Novecento si cominciò a riorganizzare il lavoro: dai metodi di imballaggio alla lavorazione stessa delle foglie, si cambiarono metodi e talvolta si cominciò anche ad introdurre un minimo di meccanizzazione. Queste scelte portarono ad una riduzione della manodopera e delle ore di lavoro necessarie, il che sfociò in una serie di rivolte operaie e di attività sindacali. 

Seguì una ripresa del settore, grazie anche ad una serie di provvedimenti emessi specificatamente a favore dei tabacchicoltori. Si giunse quindi agli anni Sessanta del Novecento, quando fece capolino la peronospora del tabacco, una malattia delle piante che danneggiò gravemente il settore.

Nel 1970 cadde il regime di Monopolio: i tabacchicoltori furono liberati ma, di fatto, lasciati allo sbando. Fu, di fatto, il colpo di grazia al settore, che nel giro di breve tempo terminò la sua storia. Ancora oggi a Lecce città così come in provincia potete osservare alcuni edifici un tempo adibiti a tabacchifici. Alcuni già riqualificati, altri in attesa di ritornare a nuova vita.

Il tabacco in Salento ha segnato fortemente la vita e la storia di tante famiglie di contadini del Salento

La storia del tabacco in Salento è dunque legata a doppio filo a quella dei contadini del Salento, che oltre a dedicarsi alla coltivazione della vite, dell’olivo e degli ortaggi, si dedicarono per quasi tre secoli a quella del tabacco. Provate a chiedere a qualche anziano della zona: non faticherete ad ottenere qualche racconto interessante relativo alla vita di quei tempi.